Il Pendolare della Sapienza: da Boscoreale /Torre Annunziata al Vaticano, la mia vita da studente-borsista, Musica, Fede e Studio: La storia di un cantautore in un convitto di futuri preti
L’anno 2008, segnato dalle mie difese alla Sapienza, fu solo una tappa di un percorso ben più lungo e sacrificato. Oggi, come Presidente dell'Istituto Geografico di Napoli, la mia storia di studente è un faro per chi affronta sfide simili. Nonostante le mie origini, ho perseguito il mio sogno accademico con determinazione, ma non è stato facile.
All'inizio, per non gravare sulla mia famiglia, ero un pendolare instancabile. Partivo da Torre Annunziata alle 7:10 del mattino, arrivando a Roma per le 9:30, pronto per le lezioni alla Sapienza. La sera, a volte, prendevo il treno delle 20:27, tornando a casa a Boscoreale quasi a mezzanotte. Era una vera e propria odissea, un sacrificio quotidiano fatto di viaggi, studio e stanchezza.
La svolta arrivò quando vinsi la borsa di studio Lazio AdISU, un traguardo che mi permise di vivere a Roma e immergermi completamente nella vita universitaria. Sono stato ospitato in diverse sedi, da quelle di Via De Lollis a Casa Bertone, fino a ritrovarmi a Viale dell'Archeologia, quasi ai confini della città. Ma il momento più formativo e inaspettato fu quando, per mancanza di posti, mi trovai a convivere in una struttura gestita dal Vaticano.
Quella che poteva sembrare una sistemazione insolita si rivelò un’esperienza di arricchimento straordinario. Ho convissuto con ragazzi di tutto il mondo, molti dei quali aspiranti preti provenienti da Paesi africani come lo Zimbabwe e il Senegal. Tra loro ho stretto amicizie profonde, come quella con George, un ragazzo albanese che ora vive a Roma e ha due figli, e che all'epoca lavorava per il Pontefice. Nonostante le differenze, la nostra convivenza è stata un esempio di tolleranza e apertura.
Lì, in quel contesto internazionale, è emersa un’altra mia identità. I miei compagni di convitto non vedevano in me solo un professore di geografia, ma anche un "cantautore". Questa passione, che ho coltivato con più di 140 canzoni, trovò uno spazio di espressione e connessione. Come ho raccontato in un'intervista registrata al Centro Culturale Internazionale Giovanni XXIII, ho sempre visto Roma come una città imperiale e universale, un crocevia di popoli e culture. La mia musica, profondamente radicata nella tradizione napoletana, è diventata un ponte per dialogare con le diverse culture che ho incontrato.
La musica come respiro e vita: l'esperienza di Adriano La Femina con Gordon Flasch
Dall'incontro di artisti provenienti da culture diverse nascono spesso le opere più significative. Ne è un esempio l'esperienza di Adriano La Femina, che nel centro culturale internazionale di Roma ha conosciuto persone come Gordon, un ragazzo dello Zimbabwe, e
Gjergj Ndoci dall' Alabia,
dando vita a canzoni di grande spessore emotivo e tematico.
In particolare, il legame con Gordon ha ispirato due brani profondi, come raccontato dallo stesso Adriano. Il primo, "a forz e respirà", è nato in una stanza all'ultimo piano, dove la tastiera portatile di Adriano e la musica di Gordon si sono fuse. Il messaggio della canzone è un inno alla vita: "fin quando abbiamo la forza di respirare tutto è possibile". Un'idea che eleva il respiro a simbolo dell'esistenza, non un semplice atto fisiologico, ma "l'ultimo manto" della nostra forza vitale.
Il video intitolato "Adriano La Femina e Gordon: canzone 'a forz e respirà!", ecco il link video ufficiale
che ha anche una versione demo [
La seconda canzone, "io voglio vivere", è un'ulteriore espressione di questa visione del mondo. Con il suo messaggio "noi siamo figli al mondo", il brano rifiuta le divisioni create da bandiere e nazionalità, ribadendo che "siamo figli della stessa razza, siamo figli della stessa storia tutti". Un inno universale all'unità che, come "a forz e respirà", trova le sue radici in quell'esperienza di condivisione artistica e umana.
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